TROIS NOUVELLES en ITALIEN

 IL CUSCINO


La donna è molto malata. Il medico non sa cosa dire. Il chirurgo dice che bisogna operare. Il figlio, che ha più di vent'anni, piange. Il marito non sa cosa fare. 

Come al solito, vedrai una veggente, una strega. Non mi ricordo se la persona guarda nella sfera di cristallo, o nei fondi del caffè, o nelle budella di pesce. Ma la strega dice al marito: "Tua moglie ha un nemico, una persona qui vuole vederla morta. Porta il cuscino del suo letto, all'interno cerca un cerchio di piume. Se il cerchio è chiuso, tua moglie morirà. Se il cerchio è aperto, brucialo e lei può vivere."

Davanti all'uomo, la vicina apre il cuscino e mette le mani all'interno. C'è una cosa più dura delle piume, ma quella cosa si nasconde. E molto difficile acchiapparla. Alla fine lo cattura, e con molta attenzione mette il cerchio di piume, che è un po' aperto, nelle fiamme del camino. Poi butta anche le altre piume (svuota anche il cuscino e butta nel camino tutte le piume.) 

In ospedale, l'operazione è un successo, e dopo qualche giorno la donna può tornare a casa. 

Il marito, lui, vede di nuovo l'oracolo. Lei gli chiede se vuole vedere in un bicchiere d'acqua il viso del nemico di sua moglie. Lui dice di no.

Sua moglie ha vissuto altri trent'anni. L'uomo è sempre vivo così come suo figlio, in pensione oggi. Me l'ha detto la vicina e ha aggiunto « Se non avessi visto con i miei occhi il cerchio di piume nascondersi, non ci avrei creduto. »

 

VISITA DI SAN GIOVANNI DI LUCE

Non avrete un reportage fotografico sulla giornata a Saint Jean de Luz. Avevo lasciato la scheda SD nel computer. 

Non avrete una foto dei deliziosi piatti de ETXE NAMI, che mescola le ricette giapponese con i prodotti freschi del Paese Basco.

Non avrete una foto di Hélène Darroze e sua figlia venute a banchettare. Non avrete una foto della passeggiata in trenino, cullata dal canto di Arrantzaleak che non ascoltavo più di trent’anni. 

Nessuna foto della casa dell’Infanta, nessuna foto di un Louis numerato, nessuna foto delle case armatoriali con le loro torrette per sorvegliare le barche. 

Nessuna foto delle dighe, quella di Socoa e il suo Forte, non delle altre due, costruite anche da Napoleone per proteggere Saint Jean de Luz. 

Nessuna foto delle spiagge e dei troppi turisti, nessuna foto del porto e le sue bellissime barche colorate. 

Nessuna foto dei canelés Baillardran o del Cappello Ramato né dei macaron della famiglia Adams o delle numerose torte basche.

Nessuna foto dei tessuti baschi, né quelli di Jean Vier, né quelli di Artiga, né quelli di venditori indipendenti. 

Nessuna foto del padiglione in style Balthard del mercato o della sua pescheria in stile art deco. Nessuna foto della chiesa si San Giovanni Battista né quella di San Lorenzo proprio di fronte a Ziburu. 

Nessuna foto dei quadri espositi in piazza Luigi XIV e dei loro pittori di diversi stili. 

Nessuna foto dell’arbergo della spiaggia, né di nessuno altro. 

Nessuna foto, ma un sacco di immagini, e la voglia di tornare presto, quando farà meno caldo. 


Ho confuso i macaron della Casa Adam con la Famiglia Adams!

 

FRÈRE JACQUES

Siamo qui fuori, sotto il sole cocente, ci sono 35 gradi. Abbiamo cercato nel armadio i vestiti neri, perché è il colore del lutto, la tradizione. Solo i vestiti estivi sono abbastanza chiari, quindi ci siamo adattati, ripiegando su qualcosa di decente, chic e soprattutto sobrio. Fa caldissimo. Incontriamo un sacco di gente, quelli che abbiamo visto all'ultimo funerale la scorsa settimana, vecchi conoscenti, appassionati di corrida, vecchi vicini, ex assessori comunali, amici. Siamo felici di vederci. Sì.

E poi arriva il furgone. Un po' come quello di un torero. I portantini scendono per primi, e tirano fuori quello per cui siamo qui.

Entrano nella chiesa, e noi entriamo dietro di loro. Già molte persone si sono sistemate. Fa freddo, quindi mettiamo la giacca prevista. Ci sediamo sulle panche.

La famiglia del defunto si alterna a leggere parole che sentiamo male, nel microfono che fruscia e risuona come in una piscina. Il momento più commovente è quando i nipoti si rivolgono a chi se ne va. Hanno lacrime nella voce, e noi negli occhi.

Il tutto intervallato da canti che non si conoscono, ma che le signore anziane si accaniscono a cominciare negli acuti che torcono i timpani.

L'officiante parla del defunto chiamandolo «Frère Jacques», il che fa ovviamente pensare a una canzone, e il Fratello sembra effettivamente ben addormentato.

Poi una musica uscita da un clavicembalo digitale ci lascia meditare. Dietro di me c'è un vecchio che fischia, felice di non essere la star del giorno. Do un'occhiata per vedere chi è, ma lo sapevo prima di girarmi. Almeno ora sta zitto.

L'odore delle candele comincia a regnare, mentre si innalza il Bolero di Ravel.

Il nostro amico è morto, altrimenti avrebbe aperto la scatola e detto: Beh, non è ancora finita questa ridicola situazione?  Non si può andare a bere qualcosa? »

Usciamo al suo seguito. Fuori ci sono quaranta gradi.

Concludo parafrasando Jean Mouchès «cosa lo ha spinto a morire in estate? »


 isa du moun

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